A me sembra un ottimo articolo (ma non sono competente, quindi…).
Peccato per l’emoticon finale.
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48 commenti
Comments feed for this article
24 agosto 2014 a 9:49 AM
Erasmo
L’articolo trarrebbe beneficio da qualche affinamento lessicale, perché i termini “preferenze” e “competenze” sono usati in modo non univoco.
“Preferenze”, nella maggior parte dei casi, andrebbe sostituito con “priorità”.
“Competenza” è termine complesso. In ogni caso, non si può usare lo stesso termine per riferirsi alle alle competenze di elettori e eletti, specie se se ne vuole derivare una conseguenza logica. “Competenza” ha a che fare con la conoscenza applicata a un lavoro. Chiaro che il governante fa un lavoro, l’elettore no: l’unica competenza attribuibile in senso proprio all’elettore è saper maneggiare la scheda elettorale e la matita.
24 agosto 2014 a 10:03 AM
marcoz
“non si può usare lo stesso termine per riferirsi alle alle competenze di elettori e eletti”
Infatti, nell’articolo si mette in discussione l’idea per cui ci vorrebbe una patente – quindi un attestato di competenza – per votare, specificando che il voto e l’azione di governo sono su due piani distinti.
24 agosto 2014 a 11:56 AM
giovanni
Spesso sono della parte politica, non dirò quale perché non è importante, ferocemente nemica di quelli che vorrebbero farti votare una lista unica con a capo un integralista del cranio lucido.
Se non fosse per il colore dei vessilli la gente semplice, come me, avrebbe serie difficoltà a distinguerli.
24 agosto 2014 a 1:24 PM
marcoz
Temo di non aver capito.
24 agosto 2014 a 2:25 PM
giovanni
Colpa mia.
Quello che volevo dire è che a portare avanti la bislacca teoria del voto per merito sono spesso persone di sinistra e lo fanno perché non voti come vorrebbero loro.
Purtroppo sono sdraiato all’ombra, in pineta, con una pessima connessione e non posso aprire i link, ma dagli accenni nel commento di Alex credo di non sbagliare nemmeno nel caso specifico.
Quanto agli avversari hanno governato una ventina d’anni qualche tempo fa, ma, a questo punto, credo che il resto del mio commento possa essere compreso.
24 agosto 2014 a 12:38 PM
Erasmo
Ciò che intendo dire è che nessuno ha mai richiesto competenze politiche agli elettori. L’idea aristocratica/oligarchica si riferisce a status sociale (per es.: solo certe caste votano) o culturale (per es. solo gli alfabetizzati votano). Lo stesso suffragio universale applicato ai soli maschi, che è stato, checché se ne dica, una forma di democrazia, non discrimina sulle competenze, ma su ruoli assegnati nella società. E’ vero che i ruoli hanno a che fare con le competenze (p.es., gli uomini sanno fare la guerra, le donne sanno fare le massaie) ma quella relativa all’elettorato attivo ne è solo una conseguenza derivata: neppure il reazionario più codino sosteneva che la donna più colta fosse meno competente in materia del maschio più ignorante. Semplicemente, si riteneva che il voto alle donne rompesse gli equilibri sociali.
24 agosto 2014 a 1:02 PM
alex
due brevi chiarimenti terminologici, dunque:
– il post nasce in reazione al pensiero comune (almeno, a me sembra di trovarlo da tutte le parti) che ci troviamo i politici che ci troviamo perché “persino quei coglionacci del m5s/forzaitalia/lega” possono votare. Pensiero che nelle forme positive prende la forma di una squalifica dell’incompetenza generica dell’elettore: un elettore poco scolarizzato, che non si informa se non nei circoli ai quali già appartiene (legge “il Giornale” o “Libero” o “il Blog” ecc), che non prova nemmeno a ragionare sulle conseguenze delle proprie scelte.
Insomma, all’elettore vengono richieste competenze, quelle necessarie a decidere le sorti del Paese (e degli altri concittadini) votando nel modo giusto. Con una veloce ricerca su google ho trovato un link a un articolo su linkiesta (http://www.linkiesta.it/blogs/sogni-di-merito/una-patente-votare-e-la-pericolosita-del-web), una pagina facebook (https://www.facebook.com/pages/Patente-per-Votare/150116108483484), un altro articolo di blog (http://isignoridellemosche.it/alessandroceschi/per-votare-la-patente/3333/), un thread su un forum http://www.riflessioni.it/forum/cultura-e-societa/12431-la-patente-per-il-voto.html), un sito dove qualcuno ha speso soldi per registrare il dominio “patentedivoto” (http://www.patentedivoto.org/), un altro post su un blog/magazine (http://www.eunews.it/2013/01/25/patente-elettorale/4454) e si può continuare. Purtroppo quel pensiero è in circolazione, e neanche poco.
– ordine di preferenze è terminologia tecnica, non si può sostituire con priorità. O meglio, si può, ma non sarebbe più un riferimento esatto e condiviso con chi si occupa di quelle cose: http://it.wikiversity.org/wiki/Teoria_generale_della_scelta_e_delle_preferenze oppure http://www.giurisprudenza.unimib.it/DATA/insegnamenti%5C7_715%5Cmateriale/sdf16_1011.pdf
Riguardo all’emoticon, io sono piuttosto accogliente riguardo agli imbastardimenti della comunicazione. Fa’ conto che qui ci siano un punto e virgola e una parentesi chiusa.
24 agosto 2014 a 1:22 PM
marcoz
[Avvertimente per chi è sensibile a certe espressioni: in fondo a questo commento c’è una bestemmia]
“il post nasce in reazione al pensiero comune”
Sì, e in relazione a questo va considerata la mia replica a Erasmo, più sopra.
Strettamente in tema.
Non è possibile sapere se si vota in modo giusto, ma è individuabile un metodo, un approccio auspicabile che guidi la scelta. La frase finale dell’articolo (che ho usato come titolo per il post/segnalazione) va in questa direzione, mi pare.
“Riguardo all’emoticon, io sono piuttosto accogliente”
Io no.
“Fa’ conto che qui ci siano un punto e virgola e una parentesi chiusa.”
Siamo sempre sul blasfemo: è come se invece di “porco dio” dicessi “ho da ridire su alcune cosette della Creazione”. La sostanza non cambia.
24 agosto 2014 a 2:22 PM
alex
si anche io stavo rispondendo principalmente a Erasmo, tranne che per la cosa dell’emoticon. Sul tema del votare in modo giusto: non c’è un modo giusto, ed è proprio quello che voglio dire. Ciascuno ha le proprie preferenze. Sono quelli che si credono superiori a dire che c’è un modo giusto e uno sbagliato. Sono sia quelli “sinistri da salotto” (i radical-chic, quella gente lì) a criticare i rozzi fascisti o i burini ignoranti m5s, sia i rozzi fascisti a criticare quelli delle foibe, sia i burini ignoranti m5s che criticano chiunque non si assoggetti al Verbo. Ed è chiaro che proprio loro non hanno capito un cazzo. Farlo notare non contraddice il principio “anche tu stupido hai diritto alle tue preferenze”.
La frase finale del post andava proprio in quella direzione, hai colto giusto, ma permettimi di precisare ancora di più: va in quella direzione. Cioè è un termine normativo, qualcosa che “dovrebbe essere”, che “sarebbe auspicabile”, ma non va imposto. Perché se viene imposto, tanti saluti al principio che ha strutturato tutto, non è più voto, è plebiscito in una dittatura.
24 agosto 2014 a 6:28 PM
ricco&spietato
(pedantone mode/on)
scusi ma:
“ho da ridire su alcune cosette della Creazione” è una critica – forse addirittura costruttiva – il cui benevolo accoglimento dipende più che altro dalle condizioni epatobiliari dell’interlocutore.
con “porco dio” invece (inteso letteralmente: “dio commestibile”) siamo alla più stretta ortodossia paolina, nonché bobbyhendersoniana (ramen!). Poco ecumenismo con gli altri Fratelli del Libro, certo; ma da un mero punto di vista prescrittivo, e nulla più.
25 agosto 2014 a 8:21 AM
marcoz
(forse non lo sa, ma il mio switch della pedanteria è sempre on)
(e il volume è sempre al massimo)
Primo, “ho da ridire su alcune cosette della Creazione” è un understatement – quindi, veda lei;
secondo, provi ad andare dal suo blogger fantasy preferito con una “critica costruttiva” nei confronti di Dio e vediamo che le dice;
terzo, opinabilissima l’interpretazione di “dio commestibile”: io, per esempio, sono molto grato al maiale di esistere, come specie, e di essere remissivo al punto da farsi portare in tavola con relativa facilità (insomma, non mi verrebbe mai da dire “porco porco”).
24 agosto 2014 a 2:12 PM
Erasmo
Non mi pare che la questione terminologica sia risolta dagli interventi soprastanti. Siccome non credo che si tratti di quisquilie astratte, mi permetto di chiarirmi le idee con un esempio non politico.
Prendiamo un chirurgo. Per fare suo mestiere ha bisogno di competenze che sono la coniugazione di conoscenze e capacità. Le conoscenze sono sull’anatomia umana, sulle patologie eccetera: tutto quello che ha imparato all’Università e poi ha affinato con pratica, letture, interazioni e ricerche. La capacità è di intervenire con appositi strumenti sul corpo umano. Le competenze che gli mancano sono supplite da altri nel team (per esempio, l’anestesista, ma anche gli infermieri). Poi c’è un quid in più, che può qualificarlo come competente: l’abilità, indotta da conoscenze e esperienza, di fare le scelte giuste anche in casi complessi o di emergenze.
Prendiamo adesso un bravo chirurgo che, a seguito di un malaugurato incidente, perda l’uso delle mani: continuerà a essere competente, ma purtroppo è diventato incapace a operare. Potrà invece, con competenza, consigliare altri.
Domando: il cittadino elettore, se lo si desidera competente, deve essere considerato nella categoria dei chirurghi che consigliano altri come operare? Evidentemente no, a meno di non rivedere completamente i criteri di universalità del suffragio. Ma c’è di più: la “competenza” dell’elettore non può essere in alcun modo definita come capacità di fare le scelte giuste, perché ciò restringerebbe il suffragio ai cittadini che hanno esperienza di governo. Faccio presente, per evitare obiezioni lontane dal bersaglio, che il termine “giuste” va inteso come scorciatoia per identificare i fini di chi vorrebbe restringere il suffragio.
Quali sono allora i termini da usare? a mio giudizio, “coretto”, “democcratico”, “desinistra”, “antifasista”. Oppure, meglio di tutto, “bono”.
24 agosto 2014 a 2:37 PM
alex
facendo le pulci a questa analogia, dovremmo allora dire che la competenza dell’elettore comprende sia il saper utilizzare matita, scheda e cabina elettorale (la parte della pratica del chirurgo, quando opera), sia il saper chi votare e chi no (la parte della competenza del chirurgo amputato).
La prima parte nessuno la chiama competenza, per un elettore. Può anche esserlo, ma il fatto che quel termine non si usi può togliere il problema (giochi linguistici, Wittgenstein ecc).
La seconda parte è quella che secondo i sostenitori del patentino per il voto è la competenza necessaria. E sì, vogliono proprio rivedere i termini del suffragio. Questo è il problema. E non è solo un problema etico, è proprio un problema logico, è una contraddizione: il voto deve essere universale perché coinvolge tutti i membri della comunità (sembra tautologico), nel senso che la comunità che usa il voto può esistere solo se il voto è l’espressione delle preferenze di ciascun individuo. Altrimenti teniamoci comunità in cui il voto non c’è o è una farsa (monopartito), ma quello non è voto, non è espressione di preferenze, perché le preferenze implicano la possibilità di mettere in un certo ordine le alternative disponibili. Se io posso scegliere solo A, il mio voto è farlocco e inutile, si può fare senza. Se ci sono A, B e C, allora io li metto in ordine ABC, tu ACB, Marcoz BAC e così via, ognuno ha un proprio ordine e vota quell’ordine. Il voto è solo un modo di dire “questo è il mio ordine di preferenze”, confrontarlo con la comunità e cercare un compromesso per permettermi di vivere il più possibile in accordo con il mio ordine. Perché questo è l’unico modo per evitare i conflitti. Lasciare andare qualcosa, coordinarsi tramite il voto, e per il resto seguire le proprie preferenze.
Al livello dei votanti, come dico nel post, le competenze non entrano nel discorso. Ce le vorrebbero fare entrare i sostenitori del patentino, sbagliando tutto.
Perché anche se sono auspicabili, non sono necessarie. Non lo sono essenzialmente, il voto non ha bisogno di competenze per esistere perché è solo e semplicemente un’espressione di preferenze. Se poi qualcuno ha qualche competenza, o meglio, se è competente (se capisce cosa sta facendo, se riesce a prevedere le conseguenze delle proprie azioni), allora probabilmente le sue competenze influenzeranno il suo ordine di preferenze. Se tutti fossimo competenti e cercassimo di applicare la ragione all’ordinamento delle preferenze, forse arriveremmo al punto di capire che il voto serve per coordinare preferenze diverse con l’obiettivo di evitare i conflitti e di conseguenza avere la possibilità di perseguire almeno in parte (“piuttosto che niente, meglio piuttosto”) il nostro proprio ordinamento di preferenze. E quindi potremmo avere un utopico ordinamento di preferenze comunitario che faccia il meglio possibile per tutti, essendo imparziale (escluso per quel problemino teorico dell’impossibilità di Arrow).
24 agosto 2014 a 3:54 PM
Manlio Pittori
Mia madre ha votato Berlusconi perchè ha paura dei comunisti, mio cognato ha votato PD perchè è stufo di Berlusconi e mio zio ha votato i grillini perchè è stufo di tutti. Non solo non c’è alcuna relazione tra preferenze e voto (a meno di non utilizzare le categorie della psicopatologia), ma non si richiede nemmeno che il votato abbia la competenza specifica che, con molta fatica, si dovrebbe immaginare come correlata alle intenzioni di voto.
Ne conseguono, a mio sommesso parere, due conseguenze.
La prima: si vota come si caga, a seconda dell’estro, delle abitudini, dello stimolo del momento.
La secondo: credo che si debba generalizzare il principio di incompetenza di Peter, non limitandolo cioè alle sole progressioni verticali degli impiegati nelle strutture gerarchiche.
25 agosto 2014 a 8:12 AM
marcoz
Un esempio di applicazione alle meccaniche di voto del principio di Peter?
25 agosto 2014 a 9:53 PM
Manlio Pittori
Beh, questa è troppo facile: ogni posto in lista tende a essere occupato da un candidato che non ha la competenza necessaria per le funzioni che dovrà svolgere.
Corollario: ogni cosa che funziona per un determinato compito (non so, gl’italici partiti, che andavano bene per la gestione di una comunità ancora con un grado decente di strutturazione sociale ed economicamente post agricola e pre automazione e delocalizzazione) sarà impiegata per attività sempre più difficili (la gestione della presente comunità, socialmente atomizzata ed economicamente complessa), fino a che si romperà (non a caso siamo governati da comitati elettorali gestiti come satrapie personali: i partiti sono, per dirla educatamente, rotti).
26 agosto 2014 a 7:45 AM
marcoz
Così è chiaro. Non capivo perché avevo inteso un suggerimento ad applicare il principio di Peter per superare l'”incompetenza” del votante, non del votato.
26 agosto 2014 a 9:38 AM
Manlio Pittori
Mea culpa, ritenevo che fosse sufficiente il richiamo alle strutture gerarchiche, delle quali i comitati elettorali che hanno preso il posto dei vecchi partiti mantengono qualche carattere.
Il problema, mi piace sottoliearlo ancora perchè provo un certo piacere malsano nel ripeterlo, non sono i votatori, ma i votati.
I votatori vorrebbero tutto: soldi, lavoro, TAC gratis, benzina a 5 centesimo l’ettolitro, parcheggi sotto casa, strade libere e sgombre, scuole aperte dalle 7 alle 21, wifi dappertutto per mettere su feisbuk le loro foto del cazzo. E’ il loro mestiere, mica gli si può chiedere che vogliano la riduzione del cuneo fiscale o la defiscalizzazione degli utili reinvestiti in start-up (della quale, essendo io un votatore, ho al massimo una vaghissima idea di che cosa possa essere e se vada defiscalizzata o iperfiscalizzata).
I politici, che dovrebbero amministrare il termitaio impazzito, a parte tutto il resto, oramai provengono dallo stesso bolo fecale dei votatori, e quindi non sanno una mazza né di la riduzione del cuneo fiscale né di defiscalizzazione degli utili reinvestiti in start-up.
25 agosto 2014 a 9:30 AM
alex
ma quelle sono preferenze. Nessuno ha detto quale debba essere il contenuto delle preferenze (e nessuno può dirlo, perché è proprio quello il principio: le preferenze sono personali), quindi se tua madre preferisce Berlusconi ai comunisti, ha a tutti gli effetti stabilito un ordine tra le alternative disponibili, e ha scelto in base alle proprie preferenze (preferisce che non vincano i comunisti).
SI entrerebbe nel caso della psicopatologia se qualcuno andasse a mettere una X a caso su un simbolo. D’altra parte, anche questo atteggiamento potrebbe rientrare tra quelli difendibili nel contesto di una democrazia liberale fondata su un patto (implicito quanto si vuole, ma un patto) in cui a ciascuno viene riconosciuta la libertà di seguire il proprio stile di vita.
25 agosto 2014 a 8:10 PM
Manlio Pittori
Sarebbero preferenze se ci fossero i comunisti, se il PD fosse avversario di Berlusconi e ei i pentastellari facessero una politica diversa da tutti.
Se io, per una cena a base di istrice allo spiedo e cervella di pitone alla brace, scelgo come chef Mastro Poldo, tre stelle vegano, non avrò espresso una preferenza, ma dimostrato la mia ignoranza o la mia idiozia.
Per esprimere una preferenza elettorale è necessario che l’elettore Mevio, che teme la tassazione dei BOT perchè ne ha diecimila, scelga il partito A, nel cui programma c’è la promessa di non tassare i BOT, mentre i partiti B e C hanno giurato di sodomizzare a freddo i possessori di BOT.
Deve esserci una corrispondenza tra il bisogno (o l’idea o la paura o quello che si sia) sottostante la preferenza e l’idoneità del preferito a salvaguardare quel bisogno (o paura o idea o quello che si sia).
Se il preferito, invece, nulla ha a che fare con la preferenza, nel senso che non è in grado – per qualsivoglia motivo – di soddisfare quanto veicolato dalla preferenza, allora non ha senso parlare di preferenze.
Si vota in conseguenza di meccanismi che ritengo simili al ricordo olfattivo.
25 agosto 2014 a 8:27 PM
alex
mah, se tua madre ha scelto Berlusconi probabilmente ci vedeva abbastanza differenze rispetto ai “comunisti” e basava la sua ipotesi su quanto le varie parti promettevano. Non credo che un normale elettore possa avere altre informazioni: dovrebbe saper prevedere il futuro per vedere che poi queste promesse sono chiacchere e l’azione politica è molto meno diversificata di quanto davano a intendere prima. Ma nessuno sa prevedere il futuro. Quindi a un semplice decisore non può essere richiesto di prevedere il futuro. Ci si basa solo sulle informazioni attuali.
L’informazione attuale poi viene filtrata attraverso la forma mentis di ciascuno, e il mio punto è che questo filtro non si può mettere in discussione, pena l’inconsistenza del principio che fonda il sistema stesso. Se cominciamo a dire che qualcuno non è capace di votare (ovvero non sa distinguere le parti in gioco, non sa prevedere il futuro, vota per la parte che a noi non piace ecc) stiamo togliendo di mezzo la posizione originaria “dietro il velo” (stile Rawls), stiamo pretendendo che il nostro ordine di preferenze sia l’unico corretto, stiamo chiedendo una dittatura basata sulle nostre scelte. E allora non avremmo diritti da far valere contro altri che volessero imporre a noi la loro dittatura. Perché non ci sia dittatura (al netto di Arrow), è necessario che ciascuno possa scegliere anche stupidamente, senza fare considerazioni particolari o alte. Per fare un esempio, è perfettamente lecito che qualcuno votasse Berlusconi perché “c’aveva sempre tanta figa attorno”.
25 agosto 2014 a 9:26 PM
Manlio Pittori
E ci mancherebbe pure che mi lamenti se qualcuno vota chi vuole lui per il motivo che preferisce. Il problema non è l’elettore, che – poveraccio – magari è uno di quelli che si fanno 500 chilometri per manifestare a favore dell’orso trentino, oppure è uno che crede alla scie chimiche, oppure passa la domenica all’outlet di Serravalle Scrivia oppure ancora gli piace il giovane Casini.
L’elettore non ha colpe: o, se le ha, sono tanto consustanziali al suo essere che è come lamentarsi dello scorpione famoso.
No, la colpa è quasi solo degli eletti: avendo sostituito all’amministrazione della comunità e alla gestione del conflitto di class, ops, volevo dire, del conflitto sociale, altre questioni – la figa, la roba, i soldi, i fringe benefit, la sorella dell’amante disoccupata, le proprie idiosincrasie e simile rumenta, è ovvio che il sistema non funziona.
Da sotto non si controlla e da sopra si fotte: mi dica lei come se ne esce. Non se ne esce, le risparmio una risposta.
26 agosto 2014 a 9:58 AM
alex
ma ci diamo del Lei su un blog? Io continuerei con il tu, non per mancanza di rispetto ma per semplice comodità.
Comunque, stiamo dicendo la stessa cosa: se vogliamo un patentino, dobbiamo imporlo agli eletti, non agli elettori.
Come se ne esce?
Intuitivamente, l’unica strada che vedo è parecchio lunga, e risiede nell’educazione. Per quello chiudevo il post dicendo che “non si dovrebbe votare in base alle preferenze”. Uso un condizionale. Un modo normativo.
26 agosto 2014 a 10:52 AM
Manlio Pittori
Qui sono nuovo, mi pare che il padrone di casa dia del lei (e non del Lei) e mi adeguo, con estremo piacere. Mantenere una certa distanza (dalle persone, dagli oggetti, dagli eventi, da se stessi) migliora la vista e la comprensione.
Come se ne esce? Perché, è obbligatorio uscirne? Si sono sfarinate fior di civiltà, non vedo perché l’attuale collettività chiamata Italia debba godere di un trattamento privilegiato. Quando, non va via ancora molto, un lavoratore (sottopagato) dovrà mantenere tre o quattro pensionati – non necessariamente dorati – calerà la tela e bonne nuit, bonne nuit, bonne nuit: buonanotte.
Ma lei si rende conto che c’è gente (che scrive a Repubblica: non a Libero, a Repubblica) dicendo che è ingiusto prendersela con i pensionati a 4.000 euro al mese perché in questo modo si possono aiutare i figli a comperare casa e allungar loro un cinquecento euro in caso di difficoltà.
Siccome lo Stato sociale è kaputt, i ricchi pensionati ne fanno le veci.
Il fatto che ci siano milioni di pensionati a 800-1.000 euro il mese che non solo non possono aiutare i figli ma che stentano loro stessi a sopravvivere, non sfiora nemmeno le menticine di questi esecrabili vecchiacci, cui auguro di tutto cuore una fine rapida e l’inesistenza di parentado reversibile.
E stiamo parlando dei soldi che si vedono: non sfioro neanche la questione – yawn – dell’evasione.
D’altro canto, la pagina dei motori della Repubblica è dedicata, per lo più, alle OSI bisiluro Silver fox da 200.000 euro e la ricetta di cucina escogitata per i lettori da qualche chef tristelluto prevede l’affumicatura della pietanza con l’apposita segatura di baobab, che il lettore medio di Repubblica usa normalmente anche per farsi un panino con la mortadella.
26 agosto 2014 a 11:38 AM
Manlio Pittori
“Intuitivamente, l’unica strada che vedo è parecchio lunga, e risiede nell’educazione”
Ho provato a commentare la strategia proposta, ma non ci sono riuscito. L’unica cosa che mi è venuta in mente è un vecchio ricordo letterario:
“Il film terminava con Maciste che si allontanava a cavallo pronunciando la famosa frase: “Ovunque un forte calpesta un debole, il mio posto è là”. Il che causò dieci minuti di applausi e il famoso commento di Bigattone: “Allora ne hai da fare dei chilometri, Maciste.”
25 agosto 2014 a 8:39 AM
Erasmo
OT. Non amo discutere con gli attivisti, ma vedo che tu sì. Mi riferisco al signore che si è dato il nome di Annamaria, lì da Malvino. La citazione di Schopenauer è davvero impudica, da parte di uno che ha tirato decine di commenti nel più puro benaltrismo (“lasciate perdere Di Battista, c’è ben altro”) aggravato dall’inattendibilità del “ben altro”.
Fra un po’ dovremo assistere alle conferenze pro-veganesimo del Conte Dracula.
25 agosto 2014 a 8:49 AM
marcoz
Le (o gli) ho già risposto a tono, ma il commento è ancora in moderazione.
Comunque, e non lo dico per pignoleria, devo sottolineare che non sto discutendo con l’attivista; non nel merito della questione, almeno. Mi sono limitato a qualche considerazione sul metodo del dialogare, e non andrò oltre (anche se mi ha invitato a farlo).
25 agosto 2014 a 6:57 PM
giovannifrancescosagredo
Ma quell’Annamaria e’ una zecca! E’ una delle commentatrici più idiote o in malafede che ho visto nell’ultimo mese.
25 agosto 2014 a 7:15 PM
marcoz
Cacchio, fai pure una classifica mensile?
25 agosto 2014 a 9:08 AM
Schultze
La citazione di Schopenhauer, non Schopenauer, Monsieur Erasmo.
25 agosto 2014 a 9:20 AM
marcoz
(sia chiaro: metterò l’acca dove manca e cancellerò il commento del sig. Scultze solo dietro compenso extra)
25 agosto 2014 a 10:44 AM
Erasmo
Il sig.Sciulze è un esperto linguista, e forse slinguazzatore. Non si azzardi a cancellarlo, sig.Marcoz: neanche dietro compenso (del sig. Sciulze, è ovvio).
25 agosto 2014 a 11:16 AM
Schultze
No, sono il maestro di quel discolo di Arthur.
[qui compariva un emoticon oltremodo irriverente che mostra tutt’altra espressione, nel toro di Falaride in cui si trova adesso. Il sig. Scul è avvisato.]
25 agosto 2014 a 12:00 PM
Erasmo
Vuol dire, sig. Sciulze, che anche a quel tempo esistevano insegnanti ignoranti e parassitari, messi là senza concorso dal Fioroni di turno?
25 agosto 2014 a 1:04 PM
Schultze
Si, un certo Hegel che ebbe la libera docenza a Jena grazie alla sua amicizia con Schelling, sino a quando non pubblicò la Fenomenologia dello Spirito.
25 agosto 2014 a 1:14 PM
Erasmo
Ah, bene, bene. Ciò mi consola. Non come adesso che un analfabeta può isegnare filosofia al liceo solo perché la CGIL lo protegge.
25 agosto 2014 a 7:09 PM
alex
fosse solo la CGIL. Mi sono legato al dito la solenne presa per il culo dell’ultimo concorso a cattedre, qui in Piemonte ha vinto gente capace di citare Nietzsche per rispondere a una domanda sulla linguistic turn, o Mazzini per rispondere a una domanda sulle tappe dell’UE.
25 agosto 2014 a 7:14 PM
marcoz
@Alex
Veramente incredibile!
(ho approfittato per darmi un tono; in realtà, presa per il culo esclusa, non ho la più pallida idea di cosa possa significare il commento)
25 agosto 2014 a 7:52 PM
alex
@Marcoz la svolta linguistica in filosofia è roba di mezzo secolo dopo rispetto a N., che tra l’altro non si è mai occupato di filosofia del linguaggio analitica. In una parola, era una risposta sbagliatissima, ma casualmente accettata (c’erano solo 7 posti su oltre 350 candidati, bastava una virgola fuori posto per finire cassati, ma questo è passato). Idem per le tappe dell’UE, roba da secondo dopoguerra, Mazzini già morto da un bel pezzo.
25 agosto 2014 a 1:42 PM
Schultze
Signor Erasmo, c’è una lettera per lei, me l’ha mandata un certo Thorgen un anno fa.
Cari topstronzi,
05/02/2013
by Thorgen
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se non foste, oltre che gli idioti, i codardi che notoriamente siete, queste merdate con le quali vi trastullate da anni le scrivereste non usando i vostri ridicoli nickname, ma i vostri veri nomi e cognomi, e facendo nome e cognome della persona a cui le indirizzate. Tanto vi si doveva
25 agosto 2014 a 5:10 PM
myollnir
Già avete fatto notare come l’idea che a votare ci vogliano “i requisiti” viene in genere a chi non è soddisfatto dagli esiti elettorali. Non necessariamente a quelli di sinistra, ma da quando il popolo non si abbevera più all’Unità – anzi neppure più si gioca le domeniche a diffonderla per strada, anzi neppure più se la compera – diciamo prevalentemente in zona intellettuale de sinistra. Un fatto che incuriosisce me, invece, è che poi, quando si modifica il corpo elettorale, come è avvenuto più volte in passato, i risultati delle elezioni non sembrano cambiare granché: non quando si è esteso il voto alle classi meno privilegiate ed in gran parte analfabete (1912, in Italia), né quando si è esteso alle donne (in Svizzera ammesse al voto solo dagli anni ’70 del secolo scorso!), né quando si è esteso ai diciotto-ventenni (1975, da noi). Si direbbe che poi il corpo elettorale se ne freghi abbastanza di chi gli ha messo in mano scheda e matita, o almeno che vi siano delle faglie che attraversano orizzontalmente ogni sottoinsieme elettorale. Di questo dovrebbero tenere conto, fra i primi, i partiti di sinistra che, un po’ dappertutto, dove arrancano, tendono a dare il voto agli immigrati, che non raramente, poi, votano partiti conservatori, mentre non sono affatto rari i miliardari che votano e soprattutto finanziano i partiti di sinistra.
25 agosto 2014 a 7:07 PM
alex
su questo punto, credo che Dahrendorf (Ralf) avesse visto lungo: la costanza del voto è un segno del fatto che ormai le nostre società “si sono imborghesite”, hanno raggiunto una condizione in cui la maggior parte delle persone stanno bene (chi più chi meno) e preferiscono al massimo piccoli aggiustamenti che non grosse rivoluzioni.
25 agosto 2014 a 7:29 PM
Erasmo
Una cosa però unisce comentatori di destra e di sinistra, professionisti o dilettanti: il comune e generalizzato disprezzo per tutti gli elettori che non siano il commentatore stesso. La cosa più tenera che ne pensano è “manipolabili”. La cosa più frequente è “manipolati”.
Da qui, gli errori macroscopici nelle previsioni e persino negli exit poll. E se i veri manipolabili/manipolati fossero i commentatori?
26 agosto 2014 a 6:37 PM
Alessandra
Salve, le scrivo qui per darle la mia mail e rispondere alle sue domande sul non riconoscimento dell’MCS come patologia.
Cancelli pure questo commento e mi dica se e dove posso scriverle.
Un saluto
26 agosto 2014 a 6:51 PM
marcoz
Oh bella, sig.ra Alessandra, e perché mai non può sinteticamente rispondere dove ha trovato le mie coordinate? Che mistero c’è sotto? Dica, dica, perché, se corro il rischio di indispettire qualche potere forte, dichiaro subito che ritiro la mia richiesta e di non volerne sapere nulla, della MCS (la mia pusillanimità è sensibilmente più forte della mia sete di conoscenza).
27 agosto 2014 a 8:51 AM
sig.Train
Ecco la mia email
sigtrain69@ticali.it.
27 agosto 2014 a 9:02 AM
marcoz
(non si fidi, sig.ra Alessandra, il sig. Train è un donnaiuolo, che ci prova con tutte)
(va da sé che neppure io sono un buon partito, visto che oramai non ci provo più con nessuna)
27 agosto 2014 a 9:23 AM
sig.Train
Voglio solo insegnarle il gambetto di alfiere, e anche la Regina dei Giuochi, la dama internazionale che si gioca su una damierta 10X10 cioè con 100 caselle, 50 bianche e 50 nere.