Nelle società del c.d. Occidente ci si dà un gran daffare, in tema di diritti e di opportunità, affinché si completi l’uguaglianza tra uomini e donne. Naturalmente, condivido la scelta dell’obiettivo, a prescindere dalle mie perplessità sui mezzi utilizzati per raggiungerlo (leggasi: quote rosa).
Mi dispiace, quindi, vedere come tale inderogabile proposito sociale sia contaminato da una sorta di “razzismo di specie”, che si intensifica a ridosso delle elezioni politiche o amministrative.
In questi periodi, infatti, si sente pronunciare con maggiore frequenza la vulgata – che non so sulla base di quali presupposti logici poggi – secondo cui “se ci fossero più donne in posizioni di comando, le cose andrebbero meglio”, a maggior ragione, parlando specificatamente dell’Italia.
Ciò significa che, dato uno stesso contesto sociale e culturale, la donna – in quanto tale – è (mediamente?) migliore del maschio, sia sotto il profilo dell’efficienza che di quello della moralità.
Non male come inizio di un mondo migliore.