Quando si tratta di optare tra due o più alternative, nel prendere una decisione possiamo utilizzare due differenti metodi: il giudizio per elezione o il giudizio per esclusione. Il primo criterio si concentra sui pregi, il secondo sui difetti. Succede quindi che, a seconda dell’approccio scelto e a parità di condizioni, si possa giungere a conclusioni diverse; perché “scartare non è l’immagine speculare, per così dire, il negativo, di scegliere” (Chi crediamo di essere? – M.Piattelli Palmarini).

Ma io intendo fare un passo indietro e domandare: cosa ci spinge ad adottare liberamente un approccio piuttosto che l’altro, cioè l’elezione piuttosto che l’esclusione (soprattutto se ciò avviene senza particolari tentennamenti)? Penso che le risposte possano essere due: o la presenza di un pregio talmente evidente e importante, per cui la contemporaneità di eventuali difetti diventa oggettivamente minoritaria (e viceversa); oppure l’influenza di un nostro pre-giudizio che ci spinge a ritenere un pregio decisamente più determinante di un difetto (o viceversa).

Date queste premesse, ognuno può a questo punto decidere se il caso di Eduardo Severin cade nella categoria della “ragionevole oggettività” o in quella dell'”influenza del pre-giudizio”.
Per me è la seconda che ho detto, perché credo che il libertario sia molto condizionato dall’affetto che prova per il proprio portafoglio (e dal senso di sicurezza personale che questi può dare, quando è bello gonfio).
Tuttavia, anche se ciò fosse dimostrato senza ombra di dubbio, non arriverei mai a proporre contromisure autoritarie per impedire al soggetto di realizzare il proprio sogno d’amore.